Una penisola devastata

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urlTra l’VIII e il VI sec. a.C. si registrò un’imponente migrazione dalla Grecia all’Italia meridionale (che sarebbe diventata la Magna Grecia), forse determinato dall’eccessiva frammentazione delle terre che non permetteva il sostentamento dell’intera popolazione.
Probabilmente, questa migrazione era ancora il frutto degli sconvolgimenti climatici dei secoli precedenti in Grecia: Brian Fagan sostiene, infatti, che “…la civiltà scomparse per più di quattro secoli, periodi oscuri che rimasero nella memoria collettiva per molte generazioni”, tanto che il generale ateniese Tucidide ancora nel V secolo a.C. descriveva la sua patria senza commercio e senza comunicazioni via terra o via mare.
L’espansione provocò attriti con i Fenici, un popolo semita stanziato nell’attuale Libano già nel III millennio a.C. (come dimostrano gli scavi archeologici di Biblo, le cronache egizie e l’epopea di Gilgamesh), che fin dal IX secolo a.C. aveva creato un’efficiente rete commerciale nel bacino del Mediterraneo, grazie alla fondazione di numerose colonie tra cui l’importante Cartagine.
I Greci d’Italia ebbero problemi anche con gli Etruschi, già presenti sulla penisola.
È un periodo caratterizzato da un clima fresco e piovoso, che fece da sfondo a grandi battaglie navali in cui prevalse nel II secolo a.C. la giovane potenza militare dei Romani, poi spazzata via dalle invasioni ‘barbariche’ di popoli nomadi provenienti dall’Europa centrale, all’inizio di quello che comunemente si definisce Medioevo. Poche centinaia d’anni e anche gli Arabi da sud, e Normanni da nord, avrebbero invaso le terre sul Mediterraneo.
La penisola italica, per la sua posizione esposta al centro del mare, sarà quella che recherà maggiormente i segni di questa dispersione di uomini iniziata nel 2000 a.C., in un coacervo di culture e religioni che determinerà la frammentazione dei territori e il ritardo nel processo di unificazione dell’Italia rispetto alle altre nazioni europee moderne.

Lo storico Wolfgang Behringer dell’Università del Saarland a Saarbrucken, nella sua “Storia culturale del clima”, per una volta ha lasciato stare sovrani e battaglie: prendendo in esame gli avvenimenti storici, li ha correlati alle condizioni climatiche dell’epoca, evidenziando come queste abbiano influito, in bene o in male, sulla vita di uomini e nazioni.
L’impero romano, per esempio, ebbe vita facile nella sua espansione, almeno finché perdurò il bel tempo nei primi secoli della nostra era: questo consentì alle legioni di oltrepassare senza problemi i valichi di montagna. Non è un caso che quella fase di riscaldamento globale, terminata nel IV secolo d.C. con un abbassamento delle temperature di appena due gradi, segnò l’inizio del disfacimento, probabilmente dovuto a una forte diminuzione della produzione agricola in Africa settentrionale, fin lì necessaria per mantenere in armi un grande esercito.
Le invasioni ‘barbariche’ e l’inizio del Medioevo, non per niente chiamato ‘periodo buio’, sono il sigillo alla fine di un’epoca felice e l’inizio di nuove migrazioni.

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