Gli esuli della dinastia Shang

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Ascia cerimoniale della dinastia Shang (autore Daderot, Pubblico Dominio)

L’antica dinastia regnante Shang è storicamente documentata dalla prima forma di scrittura contenuta nelle iscrizioni oracolari risalenti alla fine del II millennio a.C. rinvenute nei pressi di Anyang, ricompresa nella parte più settentrionale della provincia dello Henan.

Qui, secondo la tradizione sorgeva l’ultima capitale di questa casa regnante, che si sviluppò nelle attuali regioni orientali di Shandong e Shansi, in corrispondenza anche del bacino del Fiume Giallo (Huang Hue) e poi in quasi tutta la Cina, in un periodo che gli scavi archeologici hanno determinato, con estrema precisione, dal 1523 a.C. al 1028 a. C.

Le prime campagne documentate attestate nei primi decenni del secolo scorso, soprattutto quelle eseguite a Yinxu, letteralmente ‘le rovine di Yin’, una città fortificata vicino all’odierna Anyang, hanno rilevato la presenza di tombe reali e le fondamenta di quelli che dovevano essere imponenti palazzi, che hanno restituito anche migliaia di manufatti in bronzo, giada e ceramica.

L’ultima capitale della dinastia Shang fu rasa al suolo da quella Zhou.

Per ciò che concerne le migliaia d’iscrizioni oracolari, si tratta di una primordiale forma di scrittura, in questo caso utilizzata anche su gusci di tartaruga, scapole di bue o altre ossa per tener traccia delle divinazioni fornite dagli antenati che gli oracoli emettevano su questioni politiche, economiche e religiose.

Secondo Laura Beghelli dell’Ancient World Society, le pratiche divinatorie espletate dai sacerdoti, inserite in contesti che favorivano la coesione sociale e politica, servivano anche a legittimare il potere dei sovrani della dinastia Shang: a Yin si esercitava «il potere politico e religioso, concentrato nelle mani del sovrano e di pochi eletti, in grado di influenzare il popolo attraverso pratiche oscure e segrete».

Il complesso di credenze prevedeva una divinità suprema che controllava l’universo e la presenza tutt’attorno di spiriti ancestrali e spiriti della natura. Solo il sovrano poteva comunicare con la divinità, col tramite dei suoi antenati che venivano di volta in volta interrogati dagli oracoli.

Nel corso dei secoli, altre dinastie hanno documentato avvenimenti accaduti durante il periodo Shang, compresi i nominativi dei regnanti, come risulta dalla consultazione del Shàngshū yì jì (il “Libro dei documenti” di Confucio), del Mencius e dello Zuo Zhuan.

Gli Zhúshū Jìnián (gli “Annali di bambù Yin”), risalenti alla seconda metà del I millennio a.C., pur non ritenuti del tutto attendibili, indicano in Pan Geng il sovrano che avrebbe reso capitale Yin all’inizio del XIV secolo a.C., durante la sua reggenza, una circostanza avvalorata dal Libro dei documenti e nelle iscrizioni oracolari.

Beghelli suggerisce che «all’epoca di Wu Ding [quarto re di Anyang, N.d.A.], intorno al 1250 a.C., Yin aveva raggiunto un livello di sviluppo e civilizzazione molto elevato, come dimostra la tomba monumentale dedicata a Fu Hao, la moglie del re».

Tomba della sacerdotessa guerriera Fu Hao, una delle consorti di Wu Ding, quarto re di Anyang (CC0 1.0 Deed – Pubblico Dominio)

I corredi funebri rinvenuti a margine di tredici sepolture reali, compresa quella intatta di una delle consorti di Wu Ding, la sacerdotessa guerriera Fu Hao, testimoniano l’agiatezza raggiunta dai governanti di Yin: «I vasi rituali in bronzo e le sculture in giada finemente cesellate, che sono stati ritrovati all’interno delle tombe regali, sono un chiaro indice del benessere dei membri della casata Shang e dell’altissimo livello qualitativo raggiunto nel settore artigianale».

Beghelli ritiene che l’insediamento urbano di Yin, con le sue officine metallurgiche per la lavorazione del bronzo, fosse inserito in una complessa rete commerciale.

Lucio Russo, fisico, matematico e storico della scienza, aggiunge che gli scavi archeologici effettuati in altre località (a Sanxingdui nel Sichuan e a Xin’gan nell’attuale provincia di Yangzi), hanno però dimostrato l’esistenza «di una vasta rete di centri culturalmente differenziati ma certamente in contatto reciproco, che in realtà nulla, se non la tradizione, autorizza a considerare “periferici” rispetto ad Anyang».

Questo significa che in Cina, come in qualsiasi altro luogo, la formazione di uno Stato centralizzato è «stata preceduta da una situazione più fluida, nella quale l’assenza di frontiere permetteva variazioni culturali continue attraverso regioni vastissime percorse da rotte commerciali», che potrebbe aver determinato relazioni con altre antiche civiltà urbane, nonostante le rivendicazioni avanzate per avvalorare caratteri completamente autoctoni della cultura cinese.

Anche lo sviluppo dell’industria del bronzo, attorno alla metà del II millennio a.C., dimostra la presenza di «una complessa stratificazione sociale, con una élite in grado di controllare una vasta manodopera impiegata in manifatture specializzate», come sembrano testimoniare anche i ritrovamenti archeologici in una tomba reale ad Anyang.

Inoltre, manufatti di rame, talvolta composti anche da piombo e stagno, risalenti al 2000 a.C., sono stati rinvenuti a Dunhuang nella regione di Gansu, un luogo molto distante dall’epicentro della civiltà Shang, come a voler dire che la metallurgia del bronzo si è diffusa da occidente a oriente, fino alla Mongolia e alla Cina nord-occidentale e settentrionale, lungo le steppe eurasiatiche e le foreste settentrionali.

Infine, il ritrovamento ad Anyang di carri trainati da cavalli, databili al 1200 a.C., usualmente seppelliti assieme ai cocchieri in contesti funebri, per le loro peculiarità (leggeri e veloci, con due sole ruote a raggi, trainati da una coppia di cavalli), suggerisce un’origine esterna, poiché sono molto simili a quelli in uso in Egitto e in Medio Oriente: «Oggi l’ipotesi di una Cina isolata non può più essere detta solo improbabile, essendo contraddetta da fatti pienamente documentati: i contatti con l’occidente non solo sono stati essenziali per lo sviluppo tecnologico cinese, come […] nei casi della metallurgia, dei carri e dell’addomesticamento del cavallo, ma hanno riguardato anche altri aspetti della cultura, come la religione».

Durante questa monarchia, che presenta alcuni elementi di tarde culture neolitiche precedenti, fu raggiunto un alto livello culturale, come ben evidenziato dalle iscrizioni oracolari e dalla raffinata produzione di vasellame in bronzo e ceramica recante splendide decorazioni.

Lo sviluppo della metallurgia del bronzo coinvolge generalmente molte risorse umane e materiali per l’estrazione di rame, stagno o minerali di piombo, il successivo trasporto e la fusione con stampi in ceramica. L’industria del bronzo era quindi un’impresa complessa, che nel caso specifico, secondo gli specialisti, sconta un’influenza esterna, probabilmente proveniente dall’Europa continentale e dall’Asia centrale e settentrionale, poiché in Cina non sono state individuate fasi intermedie dei metodi di estrazione e di lavorazione dei minerali metallici allo stato puro e in lega.

In genere, l’introduzione della metallurgia è considerata dagli storici, assieme alle tecnologie produttive afferenti ai prodotti secondari ottenuti con procedimenti di trasformazione, il preludio alla cosiddetta ‘rivoluzione urbana’, poiché determina una specializzazione del lavoro negli insediamenti e un forte incremento del commercio a lunga distanza.

Gli stati durante il periodo Zhou occidentale in Cina, 1046-771 a.C. (Philg88 – CC BY-NC-SA 4.0 Deed)

Il regno dei Shang, in sostanza una ristretta aristocrazia ereditaria, fu interrotto dall’invasione dei Zhou (Chou), stanziati in precedenza ai confini nord-occidentali, che dal 1111 a.C. cominciarono a conquistare molti insediamenti di questa civiltà, fino a sostituirla nel controllo politico sul territorio, instaurando una rigida organizzazione feudale. L’epoca Zhou, contraddistinta da continue influenze esterne, si protrasse fin quasi alla soglia della nostra era.

Dopo la sconfitta patita nella sanguinosa battaglia di Muye nel 1046 a.C. circa (raccontata nel poema cinese Shijing), le truppe e i funzionari dell’ultimo re Shang Di Xin si consegnarono alla nuova dinastia regnante degli Zhou, originata da Zhou Wu, o si dispersero in tutto il continente asiatico.

Alcuni di loro, secondo la ricostruzione di un ricercatore messicano, specialista in storia dell’arte, Cuauhtémoc Sánchez Osio, lasciarono il continente dalla costa sud-orientale della Cina verso est, seguendo la corrente marina naturale proveniente dal sud della Cina, che li avrebbe condotti prima a nord, lambendo l’Alaska, poi sulle coste dell’America meridionale.

Dopo un incredibile viaggio di quattromilatrecento miglia, essi sarebbero approdati nella terra di “FuZang”, cioè una terra al di là del mare, molto probabilmente fino alle coste del Messico.

Ma questa è un’altra storia, che racconterò in uno dei miei prossimi libri.

 

Bibliografia

National Museum of Asian Art, Smithsonian Institution, Shang dynasty (c. 1600–1050 B.C.E.), an introduction, in Smarthistory, 6 aprile 2021, consultato l’8 luglio 2023, https://smarthistory.org/shang-dynasty-introduction/;

Laura Beghelli, Yin Xu, la scoperta dell’ultima capitale della dinastia Shang, Conoscere la Storia, n. 76, settembre-ottobre 2023;

Lucio Russo, L’America dimenticata. I rapporti tra le civiltà e un errore di Tolomeo, Mondadori Università, 2013;

Ciro Lo Muzio, Archeologia dell’Asia centrale preislamica. Dall’età del Bronzo al IX secolo d.C., Mondadori Università, 2017;

AA.VV. Shang, Epoca, Enciclopedia Treccani;

Aida Rodriguez, Los asiáticos influencia fundamental de la cultura olmeca, Blog del Escarabajo, 8 settembre 2022.

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