Redenzione per tutti

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Il Vescovo Vilhelm incontra il Re danese Sweyn II, illustrazione da un libro di storia (https://www.thewisemagazine.it/2017/10/14/la-conversione-della-scandinavia/)

Arnold J. Toynbee, docente di filologia classica a Oxford e di letteratura bizantina all’Università di Londra, condensava così il frangente storico della conversione dei vichinghi al cristianesimo: «La conversione al cattolicesimo di Arnoldo Gormsson, re di Danimarca,  avvenuta nel 974, fu una delle condizioni di pace impostagli dall’imperatore sassone Ottone II, di cui aveva invaso i domini. Re Olaf Tryggvason (sul trono dal 995 al 1000) impose il cattolicesimo alla Norvegia. Anche qui, come a Kiev durante il regno di Sviatoslav, si ebbe una violenta resistenza alla conversione. Lo stesso avvenne in Svezia, dove, come in Norvegia, il cristianesimo fu imposto per decisione di un re, Olaf Skotkonung, attorno al 1008. Ma nel 1000, l’anno in cui Olaf Tryggvason morì in battaglia contro un altro re scandinavo cristiano, Sven di Danimarca, gli Islandesi decisero spontaneamente di adottare in massa il cattolicesimo. Il loro movente era politico: temevano che la presenza di due fazioni, una cristiana e una non cristiana, avrebbe fatto crollare le loro fragili istituzioni repubblicane».

La conversione al cristianesimo fu quindi un processo lento e strisciante, che andò di pari passo con la formazione dei regni scandinavi, così come era già avvenuto nel resto d’Europa. La nascita dei regni nazionali e l’introduzione del nuovo culto, come successo altrove, fece venir meno l’identità tribale delle origini. La gente si vide costretta ad abbracciare il nuovo credo per diretta imposizione dei sovrani, ormai indaffarati nelle questioni di potere temporale e spirituale con le maggiori dinastie del continente.

Ci furono consistenti sacche di resistenza all’introduzione del culto monoteista, soprattutto nei villaggi svedesi, ma il processo infine si concluse come altrove, seppur con una cinquantina d’anni di ritardo e solo alla fine del’XI secolo.

In Norvegia, inizialmente, il cristianesimo non venne per niente accettato, poiché le tradizioni vichinghe erano più radicate. Durante il regno di Haakon I il Buono, dal 935 al 961, tre chiese in legno (chiamate ‘stav-kirke’) appena costruite nel distretto di More, furono date alle fiamme, mentre i sacerdoti provenienti dall’Inghilterra vennero uccisi.

Solo con l’avvento di re Olaf III lo Spietato, dal 1066 al 1093, la gente non ebbe reazioni così scomposte e le chiese missionarie fondate a Trondheim, Bergen e Oslo poterono prosperare, seppur lentamente.

Qualcosa del genere dev’essere successo anche in Svezia, in quanto la gente continuava a intrattenere, attraverso la Russia, stretti rapporti commerciali col mondo musulmano. Eric Christiansen, fellow emerito del New College of Oxford, spiega che «Le leggi della Chiesa dovettero essere modificate e giustificate prima di diventare vincolanti in tribunale per gli Scandinavi, che avevano accettato Cristo senza respingere i propri antichi valori».

Recentemente lo storico John Haywood ha suggerito che l’accettazione del cristianesimo da parte dei vichinghi, alla fine del I millennio, potrebbe essere stata motivata dal desiderio che avevano di proseguire indisturbati nell’arte guerresca e per l’ambizione che cominciavano a nutrire per il potere. Da quel momento i re scandinavi potevano infatti rivendicare, oltretutto, il fatto che l’autorità da loro esercitata derivava da Dio e dalla fede cristiana.

L’indole guerriera e vendicativa che aveva animato i primi vichinghi, rimase per molto tempo un elemento di forte discontinuità con i dettami del cattolicesimo, così come la poligamia che continuava a essere praticata senza eccessivi problemi.

Tuttavia il paganesimo che aveva accompagnato per almeno tre secoli le scorribande vichinghe, essendo cambiate le carte in tavola, era ormai destinato all’oblio: qualche centinaio d’anni più tardi sarà celebrato solo nelle saghe islandesi.

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