Le città-stato della Mesopotamia

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Figura inginocchiata con serpenti, Periodo protodinastico dei Sumeri, 2600-2400 a.C. (Cincinnati Art Museum)

I Sumeri, con la formazione delle prime città-stato, governarono la Mesopotamia in quello che è tuttora definito Periodo proto-dinastico, dal 2900 al 2350 a.C.

Questa fase, almeno fino al 2750 a.C., è contraddistinta da un periodo di crisi e isolamento, evidente nella perdita di alcune colonie e nell’interruzione di tutti i rapporti commerciali con le zone limitrofe. Successivamente, fino al 2350 a.C., si assiste alla rinascita del mondo mesopotamico, sancito dalla scrittura, che da pittografica si trasforma in logografica e poi in sillabica, con cui vengono redatti documenti amministrativi, storici e giuridici. Inoltre, aumentano in maniera esponenziale le città-stato (tra queste Ur, Eridu, Lagash, Umma, Adab, Shuruppak, Nippur, Kish ed Eshnunna), ognuna legata a una specifica divinità a cui si attribuiva la fondazione stessa, e con esse cresce la popolazione, determinando una continua rincorsa alle risorse. Riprendono quindi i rapporti commerci, anche a grande distanza.

La grandiosità di questo periodo è intelligibile dalle 2500 tombe reali scoperte a Ur nel 1927 dall’archeologo Wolley, i cui tumuli restituirono, nonostante i saccheggi avvenuti già nell’antichità, i ricchi corredi funebri dei sovrani dell’epoca, ma anche i resti di un nutrito corteo di dignitari, che si immolavano per il sovrano di turno.

Antonio Invernizzi, già ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente antico nell’Università di Torino, scriveva che questi corredi «rappresentano quasi un campionario del commercio internazione della metà del III millennio: un commercio naturalmente esclusivo, che si poteva realizzare solo grazie alla presenza della committenza reale, in grado di allestire spedizioni esemplari per la loro perfetta organizzazione, non meno curata di quella militare».

È proprio dopo la metà del III millennio a.C. che, secondo Federico Arborio Mella, avviene un drastico mutamento nella società, con il re Entemena di Lagash, il successore di Enannatum, che rivendica sulla sua persona il titolo di Lugal (re e ‘grande uomo’) ed Ensi (‘sovrano dei terreni agricoli’, in precedenza En, ‘il sommo sacerdote’: entrambe le cariche indicavano comunque il rappresentante della divinità locale), ridimensionando bruscamente il potere riconosciuto fino allora al principale sacerdote del tempio.

Si tratta di una riforma perseguita anche da uno dei successori di Entemena, Urukagina, che nella prima parte del XXIV secolo a.C. mise per iscritto nuove e più restrittive norme, limitando i poteri dei sacerdoti, spesso considerati corrotti.

Come ricorda l’archeologa Marta Rivaroli, fu proprio nel periodo sumerico che vennero predisposti i tratti costitutivi della tradizione mesopotamica a cui fecero poi riferimento tutte le culture che si avvicendarono sul territorio.

L’archeologo Franco D’Agostino, in un’intervista concessa a Giulia e Piero Pruneti di Archeologia Viva (nr. 176, 2016), attesta che i Sumeri «dal punto di vista storico, sembrano scomparire alla fine del III millennio a.C., e secondo alcuni colleghi anche prima, mentre la cultura cittadina e statale della loro civiltà era iniziata intorno al VI millennio a.C. nel sud della Mesopotamia. Ma i Babilonesi, che si attestano nell’area a partire dal II millennio a.C., si considereranno i continuatori della cultura sumerica, riprendendone stilemi e ideologia statale e tramandando la grande tradizione scritta sumerica del III millennio a.C., che conosciamo proprio grazie a questo lavoro di copiatura babilonese».

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