Animali che migrano

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È difficile pensare che all’origine di ciascuna dispersione umana non ci sia stato un fattore scatenante.

Solo nel mondo animale assistiamo a migrazioni periodiche dettate quasi esclusivamente dai ritmi delle stagioni e probabilmente motivate da fattori istintivi, comunque sempre con l’obiettivo di conservare la specie.

La ricerca del cibo, abbinato a quella del miglior luogo per procreare, sono quindi gli elementi che contraddistinguono il mondo animale.

Per alcune specie percorrere centinaia di chilometri al giorno è ritenuto comunque conveniente anche solo per procacciarsi il cibo, alla maniera dei nostri cacciatori paleolitici.

Tenendo a mente i diversi approcci alle migrazioni periodiche che hanno per esempio gli uccelli e i pesci, questi lunghi spostamenti, pur ritenuti indispensabili da ciascuna specie, si caratterizzano evidentemente anche per una mole notevole di rischi, come testimoniato dalla morìa lungo il tragitto.

Si pensa che all’origine delle migrazioni di numerose specie animali vi sia l’esigenza di ritornare in particolari zone poiché lì vivevano prima dell’ultima glaciazione, pur considerando anche problematiche attinenti al sovraffollamento.

La precisione osservata in alcune specie nel mantenere invariate le rotte migratorie, può spiegarsi con un’interazione tra il sistema nervoso e i campi elettromagnetici, compresi quelli di origine geofisica (terremoti, spostamenti del terreno, fenomeni meteorologici e atmosferici).

Ho già affrontato l’argomento in un precedente lavoro (Oltre i portali nel cielo del 2013, ristampato con il titolo Codici nascosti nel 2017), considerando la maglia energetica che avvolge il nostro pianeta.

Come gli uomini, anche gli animali sono infatti sensibili alle sollecitazioni del campo magnetico terrestre, tanto che alcuni di essi se ne servono per l’orientamento: è il caso delle balene, delle tartarughe e degli uccelli migratori.

Il piccione viaggiatore, tra il cervello e la scatola cranica, ha della magnetite e non pochi sono gli studiosi che ipotizzano quindi una specie di bussola interna, orientata in qualche modo dal magnetismo terrestre.

Le rondini si servono del magnetismo della Terra per le loro periodiche migrazioni, mentre gli squali bianchi hanno, soprattutto attorno alla bocca, alle narici e agli occhi, degli elettrorecettori in grado di percepire le variazioni del campo elettrico.

Gli elefanti, tramite recettori posti nelle zampe, avvertono le onde sismiche di bassa frequenza provenienti dal sottosuolo.

Alcune api hanno magnetite nei loro addomi e sentono il campo magnetico della Terra: è anche questo che permette loro di continuare a danzare nel modo corretto servendosi di questa bussola interna, se costrette su una superficie orizzontale.

Infine, è stato il biologo evoluzionista Stephen Jay Gould che ci ha stupito di più, quando ha raccontato che nel 1975 il microbiologo Richard P. Blakemore «scoprì dei batteri ‘magnetotassici’ nei sedimenti presso Woods Hole, nel Massachusetts. (Le creature magnetotassiche si orientano rispetto ai campi magnetici proprio come gli organismi geotassici si orientano secondo il campo gravitazionale e quelli fototassici secondo la luce) […] un esperto di fisica del magnetismo, Richard B. Frankel […] ha trovato che ciascun batterio costruisce all’interno del proprio corpo un magnete […] ogni batterio ha in sé abbastanza magnetite da orientarsi rispetto al campo magnetico della Terra».

Rimane da vedere che cosa ci possa fare un batterio con un magnete incorporato.

Secondo Richard B. Frankel, è probabilmente riconducibile alla sopravvivenza stessa del piccolo essere, che così saprebbe sempre dov’è il basso, alla ricerca della pressione dell’ossigeno giusta tra i sedimenti in ambiente acquatico.

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